Il mio ricordo di Giovanni Falcone
23 maggio 1992: un boato e muoiono il giudice Giovanni Falcone, sua moglie, Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta, Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Alle 17:57:48, ora della strage, il cuore di tutti i siciliani perbene si è fermato per un attimo.
“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”: una delle frasi del giudice Falcone che più mi piace.
Io non ho conosciuto Giovanni Falcone e non ero nata quando lui era giudice istruttore a Palermo e da giudice lottava contro la mafia, eppure lo immagino e quasi mi sembra di conoscerlo perché la sua storia, quella pubblica, quella del maxi processo, appartiene anche a tutti noi. E’ merito suo e degli uomini come lui se noi siciliani possiamo ancora camminare con la schiena dritta. I giudici Falcone e Borsellino, con il pool di magistrati antimafia, hanno inflitto una sconfitta e una ferita a Cosa nostra come mai prima. Il maxiprocesso di Palermo si conclude, infatti, con 19 ergastoli, 2665 anni di reclusione, 11.4 miliardi di lire di multe. La criminalità organizzata siciliana è colpita al cuore!
L’incontro con Giovanni Falcone
Ho imparato a conoscere questo coraggioso magistrato attraverso i percorsi di legalità, gli articoli di giornali e i numerosi libri a lui dedicati.
Frammenti e immagini di romanzi, saggi e interviste hanno colpito la mia immaginazione e fanno parte della mia memoria. Dal romanzo di Luigi Garlasco, “Per questo mi chiamo Giovanni”, Falcone emerge, appena nato, con i pugni chiusi come un pugile e una colomba bianca entra nella sua stanza facendo il giro come per salutarlo. Un atteggiamento vigile di un bimbo e una colomba simbolo di pace.
Come il padre del bambino nel romanzo anch’io penso che ” La pace non arriva mai in volo per conto suo, bisogna sempre conquistarla e difenderla, a volte anche con la forza.”
Magistrato coraggioso e brillante investigatore
Se per l’ìnfanzia prendo dall’immaginario la sua vita, come giudice è, invece, storia.
Storia di un magistrato coraggioso e di un brillante e innovativo investigatore.
Con l’istruzione del processo a Rosario Spatola, a lui affidato dal giudice istruttore Rocco Chinnici, nasce il nuovo metodo investigativo che sarà da allora in poi chiamato “metodo Falcone”. Tutte le indagini apparentemente scollegate tra loro, sono, in realtà, ricondotte in un unico scenario. Costante attenzione viene data ai documenti finanziari e agli scambi di assegni. Una frase che il magistrato ripeteva spesso nelle inchieste sul traffico di stupefacenti era: “La droga può anche non lasciare tracce, il denaro le lascia sicuramente”.
Nell’operazione pizza connection condotta dall’FBI il metodo Falcone e la collaborazione con il giudice risultano fondamentali. L’agente speciale FBI John Brosnan dichiara che la massima del magistrato: “Follow the money” è diventata la base di tutte le indagini sulla mafia. L’operazione, condotta con successo tra il 1979 e il 1984, termina con l’arresto di Gaetano Badalamenti. L’impianto accusatorio del maxiprocesso, costruito da lui e dal suo collega e amico Paolo Borsellino, che incontrerà purtroppo la stessa atroce morte due mesi dopo, sarà confermato in tutti i tre gradi di giudizio. Sua anche l’idea della DIA e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. L’impostazione della moderna antimafia è dovuta alle sue intuizioni accompagnate sempre da un costante e duro lavoro.
La sua vita e il suo lavoro sono sintetizzati in queste sue parole “Che le cose siano così non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando c’è da rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Lui, invece, ha sempre fatto, non si è fermato mai!