Oltre l’8 marzo, i diritti e il rispetto della dignità umana
Sconfiggere tabù, pregiudizi e discriminazioni
Chissà quante volte ci è capitato di leggere articoli sull’emancipazione femminile, sui diritti delle donne, sulla loro evoluzione storico-sociale. La condizione della donna è stata nel tempo sovrarappresentata, eppure nonostante “l’eguaglianza tra uomo e donna“ sia stata in molti Stati legiferata, ci si potrebbe interrogare su cosa di fatto ancora discrimina. Perché, diciamocelo pure, non è facile per nessuno andare oltre i più comuni tabù, le cui vecchie radici affondano nutrite e forti nel terreno fertile del pregiudizio; e i pregiudizi, sappiamo bene, sono duri da estirpare, persino nei paesi più aperti ad una reale ed oggettiva parità di genere.
Abbiamo raccolto, nel corso della storia, testimonianze di donne che hanno difeso il libero pensiero, che sono diventate simbolo della lotta civile, sociale e politica; da Aung San Suu Kyi, che ha lottato contro la dittatura militare in Birmania, a Rigoberta Menchú, che ha sostenuto la tutela dei diritti umani in Guatemala e che, proprio per il suo impegno, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 1992; come Shirin Ebadi, prima donna Musulmana ad ottenere il medesimo, importante e significativo riconoscimento: giudice impegnata nella difesa delle donne e dei bambini nel proprio paese, la pacifista iraniana ha, da sempre, cercato un dialogo con il mondo Occidentale e la sua vita, più che di rivoluzione, ha parlato di coraggio e di speranza.
Donne che hanno rivestito ruoli di responsabilità pubblica e collettiva, che hanno ricoperto cariche elettive, che si sono distinte nella carriera prefettizia, diplomatica, politica; in campo scientifico, sanitario e culturale. Donne che hanno dimostrato di saper fare cose da sempre riservate agli uomini, da Valentina Terreskova – prima donna nello spazio – a Grace Hagger, programmatrice del primo computer fino a a Rosalind Franklin, scopritrice della struttura a doppia elica del DNA.
Voci di donne dimenticate
Di fronte, però, a tante donne che hanno fatto fatica ad emergere e ad acquisire visibilità, tante altre sono ridotte al silenzio, lasciate indietro, dimenticate. Voci di donne il cui valore e la propria identità è spesso soffocata nei luoghi di lavoro, nella sfera privata; donne mortificate da una sottile ma pervasiva asimmetria di potere, confinate spesso in settori poco retribuiti o peggio vittime di disparità economiche, di ingiustizie sessiste. Tutto questo è indicativo di come gli stereotipi generino disuguaglianza e siano un autentico prodotto culturale e sociale. Basti pensare agli ultimi dati Istat, in questo periodo di criticità occupazionale: su 101 mila licenziati, 99 mila sono donne.
La pandemia in atto ha messo a nudo, ancora una volta, la questione della disparità di genere; in questo orizzonte tematico complesso, che ha la pretesa di raggiungere la massima estensione e la massima generalizzazione di idee e concetti riferiti all’universalismo femminile, rischiamo di perdere di vista i bisogni veri delle donne, le loro lunghe conquiste, le loro condizioni di partenza, i loro vissuti trasversali.
Le grandi conquiste del femminismo
Tralasciando volutamente le appartenenze culturali, religiose, etniche, i vincoli gerarchici e strutturali di alcune società, rimangono vive- nella memoria storica- le esperienze più rappresentative, dal diritto di voto all’aborto, dal divorzio alla legge sul femminicidio; tappe fondamentali che hanno cambiato la storia della donna, dalle suffragette inglesi di metà ottocento ai giorni nostri. Ed è proprio in nome di tutto ciò che è stato fatto, e di ciò che ancora deve essere compiuto, che vogliamo fermarci- al di là di ogni forma di stigmatizzazione e di facile categorizzazione- sul significato vero e non distorto della giornata internazionale dedicata alle donne.
L’O.N.U, nel 1977, ha approvato l‘8 marzo come giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e della pace internazionale. Riconoscere la dignità della persona umana, come un principio etico, un valore culturale ma soprattutto un dovere civico, è forse il modo migliore per rispettare le donne e onorarne il ricordo.