Il viaggio della speranza
Un lungo viaggio verso l’ignoto
K: Di dove sei?
A: Sono del Gambia, il più piccolo stato dell’Africa occidentale, incluso nel Senegal, una striscia di terra che dall’Oceano Atlantico si allunga verso l’interno.
K: Che lingua parli?
A: Mandingo, la lingua del mio Paese, ma conosco anche bene il bambara, la variante dialettale del mandingo, che si parla in Guinea e Mali, e poi il nigeriano e il giamaicano. Conosco discretamente l’inglese e sto imparando l’italiano.
K: Quanto è durato il tuo viaggio per raggiungere l’Italia?
A: Un anno.
K: Quanti Paesi hai attraversato?
A: Ho attraversato quattro Paesi: Senegal, Mali, Burkina Faso, Libia.
K: Con chi sei partito?
A: Ho intrapreso tutto il viaggio con il mio migliore amico.
K: Come si comportavano con te le persone che incontravi?
A: Alcuni erano umani e rispettosi. Non tutti gli uomini, però, sono uguali. Qualcuno infatti mi ha creato notevoli disagi.
K: Quali emozioni hai provato?
A: Avevo tanta paura, ero preoccupato, mi mancava molto la mia famiglia. Ero ancora un bimbo e stavo intraprendendo un lungo viaggio verso l’ignoto.
La speranza di un futuro
K: Hai mai pensato di tornare indietro?
A: No, non l’ho mai pensato, anche perché avevo paura di dover affrontare di nuovo ogni passaggio che avevo già superato. Ho deciso di andare avanti con la speranza che la situazione migliorasse e col desiderio di poter costruire un futuro.
K: Qual è stata la parte più difficile del tuo viaggio?
A: E’ stata dal Niger alla Libia, durante l’attraversamento del deserto. Sono stato bastonato e torturato. Gli Asma Boy, bande armate che sequestrano i migranti per ottenere riscatti, hanno rapito anche me e il mio amico e ci hanno chiuso in una piccola stanza, sembrava la cella di una prigione, senza finestre né luce artificiale, in cui siamo stati per tanto tempo. Troppo. Non sapevamo se ce l’avremmo fatta.
Inoltre, durante il viaggio ho sofferto la fame: non riuscivamo a trovare cibo, per cui siamo stati tanti giorni digiuni, e quando lo reperivamo, ci bastava per un solo pasto giornaliero.
K: Come sei arrivato in Sicilia?
A: Sono arrivato in gommone, insieme a centinaia di altre persone che fuggivano come me dai loro Paesi. Non ho avuto paura della traversata, perché avevo già vissuto il peggio.
Diventare medico per aiutare chi soffre
K: Come ti trovi qui a Messina e ti piace frequentare l’Istituto superiore Minutoli?
A: Mi trovo bene, sono felice di frequentare questa scuola. Ho trovato professori e compagni eccezionali.
K: Ti sei ambientato subito o hai trovato qualche difficoltà?
A: Ho avuto dall’inizio un ottimo rapporto con i miei compagni. Sono molto simpatici e mi hanno fatto sentire subito a mio agio.
K: Cosa vorresti fare una volta terminate le superiori?
A: Voglio continuare a studiare e voglio frequentare l’università per diventare medico. Sento il bisogno di aiutare gli altri, quelli che soffrono.
K: Cosa provi quando racconti il tuo viaggio?
A: Mi sento molto triste, ma anche arrabbiato per la cattiveria di quelle persone che non mi hanno trattato come merita un essere umano.
K: Cosa ti ha insegnato il viaggio?
A: Sono sicuramente maturato. Ho imparato ad affrontare e a risolvere i problemi da solo e ho capito che niente è impossibile. Per qualsiasi problema, grande o piccolo, se si ha coraggio, si trova sempre una soluzione.
Karol D’Urso e Alasana Jaiteh IIa D Chimica, Materiali e Biotecnologie