Libia: terra di nessuno
Il luogo dell’orrore
Ultimo Paese da attraversare per coloro che fuggono dalla fame, dalle guerre, dai governi dispotici. La Libia è il luogo dell’ “orrore” con i suoi centri di detenzione per migranti. Lì accadono fatti incresciosi, raccontati dai tanti profughi giunti lì per imbarcarsi in fatiscenti gommoni e toccare finalmente le sponde europee.
Si parla di stupri, torture, crudeltà e violenze di ogni genere su donne, bambini, ragazzi. I centri di accoglienza libici sono vere e proprie carceri. Dovrebbero accogliere solo decine di persone e invece sono sovraffollate. Centinaia di migranti reclusi: hanno un limitato accesso ai servizi igienici, all’acqua, all’igiene personale, negata, anche, un’adeguata assistenza medica. Tutti in attesa di trovare soldi per essere liberati tramite cauzione non legalizzata. Persone abbandonate per mesi, senza avere alcuna possibilità di poter parlare o incontrare eventuali parenti.
Dal Rapporto 2020-2021. Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International:
“Funzionari, membri dei gruppi armati e delle milizie e bande criminali hanno sistematicamente sottoposto rifugiati, richiedenti asilo e migranti detenuti a tortura e altro maltrattamento, uccisioni illegali, violenza sessuale e lavoro forzato. (…)”
Il contesto politico
La Libia, territorio conteso da sempre da vari popoli (greci, romani, cartaginesi, arabi, turchi), agli inizi del Novecento è diventata colonia italiana.
Nel 1951 nel Paese si è istaurata una monarchia parlamentare filo-occidentale. Continue le interferenze di Inglesi ed Americani, che non hanno mai smantellato dal territorio le loro basi militari. Soprattutto dopo la scoperta di giacimenti petroliferi e gas naturale.
Il 1° settembre 1969, con un colpo di stato, il colonnello Muammar Gheddafi ha rovesciato la monarchia e ha proclamato la Repubblica.
Gheddafi però è stato un dittatore, preoccupato solo di mantenere il potere. Ha allontanato il suo Paese dal concetto di stato moderno, lasciandolo diviso in tribù. Sotto il suo dominio il popolo ha continuato a vivere nel totale analfabetismo e nella povertà. Inoltre, per un lungo periodo la Libia è rimasta isolata. America ed Europa hanno accusato il colonnello di favorire il terrorismo islamico internazionale. Ha rifiutato, infatti, di consegnare agli Stati Uniti i presunti responsabili dell’attentato aereo di Lockerbie del 1988. Le Nazioni Unite allora hanno attuato contro il Paese l’embargo. Per il popolo libico, già in ginocchio, è iniziato un altro periodo di gravi difficoltà economiche.
La “Primavera araba”
La svolta è avvenuta nel 1999. I Paesi hanno revocato le sanzioni internazionali, poiché il colonnello ha condannato l’invasione irachena del Kuwait. Ha inoltre acconsentito che il tribunale dell’Aja processasse gli imputati della strage di Lockerbie. E ancora, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, ha iniziato a collaborare con i servizi segreti inglesi. Ha mostrato così di voler combattere il terrorismo e di rinunciare alle armi di distruzione di massa.
Il 2011 anche per la Libia è il periodo delle rivolte, della “Primavera araba”. Il popolo ha dato voce al proprio malcontento tramite una guerra civile, che ha portato all’uccisione del dittatore.
Le conseguenze del conflitto caratterizzano lo scenario libico di oggi. Uno scenario che prevedeva la possibilità di una democratizzazione del Paese e che invece ha mostrato tutti i punti deboli dei precedenti governi. Sul territorio sono presenti numerose milizie, poiché alla fine del conflitto del 2011 non sono state disarmate. Sono queste a detenere il potere, insieme agli integralisti islamici. Infatti le autorità nazionali succedutesi dalla caduta del regime di Gheddafi non sono state capaci di riacquisire il pieno comando. Parlamento e Consiglio presidenziale, sostenuti dalle Nazioni Unite, non riescono a lavorare insieme. Mancano di una effettiva capacità di governo e agiscono sotto la pressione delle milizie che li sostengono e che controllano il territorio. Il maggiore pericolo deriva dalla presenza di gruppi salafiti-jihadisti e dalle vendette incrociate messe in atto dai vecchi appartenenti al regime di Gheddafi.
Oggi la Libia è soprattutto paese di transito per i migranti diretti in Europa e provenienti dall’Africa subsahariana.
Il Covid in Libia
La pandemia da Covid19 ha peggiorato la situazione del Paese. Il sistema sanitario, indebolito da anni di guerre, non è riuscito a gestire l’emergenza in maniera adeguata. Infatti la Libia ha registrato il più alto tasso di contagi e decessi per Covid dell’Africa continentale. Inoltre i governi nazionali e le varie autorità locali de facto presenti sul territorio libico hanno chiuso le frontiere e introdotto altre restrizioni di movimento.
Trattati Italia-Libia
L’Italia nel 2013 ha attivato l’operazione militare e umanitaria Mare Nostrum. Ha iniziato a pattugliare il tratto di mare italiano e internazionale tra Italia e Libia. Ha tutelato tutti quei migranti che rischiavano la vita sui barconi fatiscenti. Questa operazione è stata riassorbita nella missione europea EUNAVFOR Med (European Union Naval Force in the South Central Mediterranean) – Sophia.
Successivamente il nostro Paese insieme all’Unione Europea ha lavorato per frenare in qualche modo i fenomeni migratori. Ha allora stipulato con la Libia vari accordi trasformandola in “stato cuscinetto”, stato cioè capace di pattugliare le coste per evitare la migrazione irregolare.
Nel 2017 l’Italia e la Libia hanno siglato un Trattato triennale di cooperazione con l’obiettivo di ridurre l’immigrazione clandestina nel Mediterraneo. Il governo italiano
“…si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell’Interno”.
(Memorandum d’Intesa sulla migrazione del 2 febbraio 2017, art.1 comma C)
La Libia, in cambio, si è impegnata a migliorare le condizioni dei propri centri di accoglienza per migranti. Del resto l’aiuto prevede anche un finanziamento economico.
I trattati dell’infamia?
Il risultato, però, non è stato quello sperato. La Libia non rientra tra gli stati firmatari della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. E non ha una legislazione adeguata per la tutela dei profughi e dei richiedenti asilo. Per cui le milizie libiche incarcerano i migranti irregolari. Li controllano alle frontiere e poi li chiudono nei centri di detenzione improvvisati, in cui la vita è insostenibile.
La Corte penale internazionale per i crimini contro l’umanità ha indagato le autorità libiche. Sono tante le proteste di associazioni, come Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children contro le “carceri” libiche. I rapporti dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni hanno evidenziato il fallimento delle politiche di contenimento dei flussi migratori. Eppure, nonostante tutto ciò, Italia e Libia hanno rinnovato l’accordo senza modifiche il 2 febbraio 2020… E non solo! Hanno anche prorogato, il 15 luglio 2021, il finanziamento per le missioni militari italiane all’estero. Un finanziamento che include addestramento e assistenza alla Guardia costiera libica. Guardia che deve bloccare il flusso migratorio e aiutare i centri di detenzione per stranieri.
L’Alto commissario dell’ONU per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, riferisce:
“Coloro che vengono soccorsi, vengono solitamente rimpatriati in Libia che, come è stato
sottolineato in innumerevoli occasioni, non è un porto sicuro”,
Inoltre nell’ultimo rapporto ONU, reso pubblico mercoledì 26 maggio 2021, si sottolinea qualcos’altro. Le pratiche di contenimento del flusso migratorio dell’Unione Europea e delle autorità libiche non sono state in grado di dare la priorità alla vita umana. Non hanno tutelato la sicurezza e i diritti delle persone che tentano di raggiungere l’Europa dall’Africa.
Sitografia e bibliografia
https://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/rapportoispicaritas_0.pdf
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/esclusivo-la-verita-sui-respingimenti-in-mare
Sotto il velo dell’islam. Per conoscere il mondo musulmano e le motivazioni della sua eterna lotta con l’Occidente. Rosamaria Migneco, Armando Siciliano Editore, Messina-Ancona 2009, pagg. 150-155.