Il monastero perduto di San Filippo il Grande
Una vetrina della città
Nel 2010, inizia ad operare sul territorio l’associazione Ionio costituita da giovani desiderosi di valorizzare il patrimonio artistico e culturale della zona sud. Nel 2015 nasce, su iniziativa della stessa associazione, la Proloco Messina sud, strumento associativo più specifico per la promozione turistica. È l’inizio del recupero dell’identità collettiva e il territorio torna a vivere con i tour in bicicletta o a piedi lungo l’antica via del Dromo.
Le vie dei tesori
Anche il festival “Le Vie dei Tesori”, che rende visitabili per un mese l’anno monumenti sconosciuti ai più (perché precedentemente non aperti al pubblico), ha senz’altro contribuito alla nascita di una nuova sensibilità verso la città.
Parliamo di questo con il prof. Marco Grassi, storico, esperto di Storia dell’arte e responsabile del festival a Messina, che ci ha gentilmente dato la sua disponibilità. Il professore ci spiega che il festival è nato 20 anni fa a Palermo ed ha assunto una dimensione regionale ormai da un decennio. Le vie dei Tesori è un’importante vetrina della città. Una vetrina che promuove l’aspetto artistico, culturale ed ambientale di Messina per un mese l’anno. Sta dunque all’amministrazione locale ed alle associazioni rendere i siti e i territori sempre visitabili e vivibili. Dà comunque merito alla collaborazione fattiva nello scorso anno del Comune e della Prefettura.
Il professore sottolinea inoltre il ruolo fondamentale svolto dalle associazioni, soprattutto quelle di Messina Sud, per la ristrutturazione della Chiesa di Santa Maria di Mili, importante ed antico monumento riaperto al pubblico recentemente. Solo la loro continua pressione sugli organi competenti alla tutela, il Comune, la Soprintendenza dei beni culturali e la Prefettura, ha reso possibile ottenere i fondi necessari a metterlo in sicurezza.
Sulla zona sud di Messina ci rivela, invece, che è forse la più ricca di siti di interesse artistico e storico. È infatti la parte meno toccata dal terremoto del 1908. Spesso però i monumenti, usciti illesi dal cataclisma, sono stati danneggiati dall’incuria umana e da una ricostruzione, che il professore definisce in alcuni casi scellerata.
Il monastero di San Filippo il grande
Non ha esitazioni quando gli chiediamo quali siano i monumenti più rappresentativi di questa zona: il monastero di San Placido Calonerò, sede della sezione agraria “P. Cuppari” del nostro Istituto, sia per le vicende storiche, ha più volte ospitato l’imperatore Carlo V, sia per lo stato di conservazione, è infatti uno dei pochi monasteri che presenta ancora due chiostri; la chiesa di Santa Maria di Mili di fondazione normanna, che è l’abbazia basiliana più antica della Sicilia; il monastero basiliano di San Filippo il Grande che, nonostante il degrado in cui versa, “avrebbe tutte le carte in regola per essere identificato come uno dei monumenti più importanti della zona sud”.
La storia recente di questo monastero è una delle “vergogne della città”, ci dice il prof. Grassi.
Il monastero era l’Abbazia più bella della Sicilia. Anch’essa di fondazione normanna, costruita intorno a una grotta, ancora esistente, che ha ospitato il monaco orientale San Filippo di Agira. Per secoli la grotta è stata meta di pellegrinaggio. Il monastero tra il ‘600 e il ‘700 è stato ampliato, pur mantenendo le caratteristiche medievali. Nel 1866, con lo scorporo dei beni ecclesiastici, viene acquistato da un’importante famiglia del messinese, i Muscianisi, e trasformato in villa. La chiesa tuttavia rimane integra, così come gli arredi. Arriva in buone condizioni fino agli anni Settanta con i mobili, le suppellettili, i libri nella biblioteca, in chiesa gli altari e le tele, quando viene acquistato dal Comune per organizzare eventi culturali. Niente di tutto questo è avvenuto. Il monastero è stato abbandonato e successivamente depredato.
Restituire il monastero alla collettività
Uno studio interdisciplinare sulle possibilità del suo recupero è stato svolto nel 1991 dalla classe VC indirizzo Geometri del nostro Istituto coordinata dal prof. Mario Leotta, architetto e docente di Progettazione.
L’imponente progetto, composto da 17 tavole grafiche e più di 200 foto, proponeva la restituzione del monastero alla collettività, destinandolo al reinserimento dei più fragili. La scuola, dunque, accoglieva le esigenze del territorio e se ne faceva interprete. Il progetto ha attirato l’attenzione dei media locali, ma non ha sortito ulteriore effetto.
Nel 2020 Tempostretto, giornale online locale, con il contributo del prof. Franz Riccobono, cerca di riaccendere i riflettori su questo importante monumento, ma ancora una volta, inspiegabilmente, l’appello cade nel vuoto. Adesso, invaso com’è dalla vegetazione, rischia il crollo definitivo nell’incuria generale.
Un’altra storia cittadina si sarebbe potuta raccontare con un centro culturale in un sito così importante e con un turismo religioso, attratto dalla dimora di un santo venerato in tutto il mondo come San Filippo di Agira, ma sarebbe stata una storia possibile solo in un territorio diversamente amministrato.