“Il ragazzo dai pantaloni rosa”, una storia vera
Andrea vittima di bullismo e cyberbullismo
“Il ragazzo dai pantaloni rosa”, film diretto da Margherita Ferri, ripercorre abbastanza fedelmente la storia di Andrea Spezzacatena che si è tolto la vita a 15 anni perché vittima di bullismo e cyberbullismo.
Un film commovente e coinvolgente la cui visione è stata per noi studenti del Minutoli un’esperienza totalizzante. Due ore in cui abbiamo vissuto insieme ad Andrea, abbiamo condiviso il suo dolore e il suo tormento per i continui soprusi.
Andrea ha subito una violenza fisica e soprattutto psicologica che va oltre ogni confine, dal mondo reale a quello virtuale del web e che purtroppo si espande fino ad annientare la vittima.
Un ragazzo creativo e solare
L’Andrea narrato nel film è un ragazzo creativo, solare, bravissimo a scuola, che sa cantare ed è gentile. Sicuramente anche il vero Andrea era così, abbastanza forte e anticonformista da indossare un pantalone dal colore “sbagliato”. Certo non avrebbe mai creduto che un atto così innocente potesse scatenare su di lui una furia cieca durata due anni, che lo ha lentamente logorato e allontanato da tutti.
Durante il film, mentre vedevo e vivevo la vita di Andrea, ho pensato che il suo unico errore è stato non riuscire a confidarsi con qualcuno, soprattutto con i suoi genitori: chiedere aiuto non è da deboli e può fare soltanto bene; può aiutare a mantenere un sano equilibrio mentale posto seriamente a rischio dalle parole e dal giudizio degli altri, soprattutto durante l’adolescenza quando ognuno ricerca sé stesso e le parole possono ferire nel profondo.
Spesso parlare con qualcuno delle nostre difficoltà, non tanto o non solo con uno specialista, ma innanzitutto con una persona cara, un amico o un genitore, può aiutare a risolvere problemi che avvertiamo come enormi e irrisolvibili.
Il coraggio di una madre
Al termine del film abbiamo partecipato in streaming a un’intervista alla madre di Andrea, Teresa Manes, una donna veramente forte che, nonostante il dolore immenso per la perdita del figlio, ha trovato il coraggio di narrare la sua storia e la sua sofferenza affinché tutto ciò non accada mai più. Durante l’intervista la signora Manes ha chiarito di non provare rancore per i bulli che non hanno probabilmente compreso appieno il dolore che hanno provocato. Questa affermazione mi ha fatto riflettere: noi ragazzi non sempre pensiamo alle conseguenze che le nostre parole possono generare sugli altri e ripetiamo anche luoghi comuni derivanti da una mentalità aggressiva e vecchia che dovrebbe ormai, lei sì, morire. Basta sminuire le persone per le loro unicità, le loro diversità che le rendono speciali e bellissime.
Ognuno di noi in questo mondo è unico, irripetibile. Camminiamo l’uno accanto altro; “altro” che dobbiamo rispettare, accettare e da cui imparare. Se proprio vogliamo citare un vecchio luogo comune, che questo sia «il mondo è bello perché è vario».
Se fossimo tutti uguali cosa ci sarebbe di entusiasmante su questo pianeta?
Lycia Castorina II C Turismo Sez. “S. Quasimodo”