Vi presento Ifigenia

Il sacrifico di Ifigenia
Il sacrifico di Ifigenia-Domenico Zampieri detto il Domenichino
Storia di sacrificio e di speranza

Quella di Ifigenia è una storia di sacrificio e speranza, di dimostrazione delle difficili prove a cui gli dèi sottoponevano gli uomini e, ancora di più, le donne.

Ifigenia è infatti ricordata nella mitologia greca per il suo sacrificio, ma anche per la sua salvezza e la rinascita.

Figlia primogenita di Agamennone, re di Micene, capo della spedizione contro Troia, e di Clitemnestra, nota per il tradimento e l’uccisione del marito, diventa capro espiatorio quando il padre, per placare la dea Artemide, la offre in sacrificio. A dire al re che per quietare l’ira degli dèi è necessario uccidere Ifigenia è il sacerdote Calcante. Solo in questo modo i venti avrebbero permesso alla flotta greca di partire per la guerra di Troia.

Il sacrificio

Inizialmente Agamennone si rifiuta di uccidere la propria figlia per la dea, poi però cede alle insistenze di suo fratello Menelao e di Ulisse.

Ifigenia viene allora accompagnata in Aulide con l’inganno: le si fa credere che sposerà l’eroe Achille. Quest’ultimo, conosciuto l’imbroglio, prende le difese della vergine. Ifigenia, però, scoperto l’inganno, si offre spontaneamente di morire per la causa comune e porge il collo virgineo alla lama del sacerdote.

Altre versioni, vari significati simbolici

Riguardo la sorte finale di Ifigenia, esistono vari racconti sia nella letteratura greca che in quella latina. E le diverse conclusioni danno alla vicenda molteplici significati simbolici.

In una versione della leggenda si racconta che, quando tutto sembrava perduto, Artemide, proprio lei che aveva voluto che i Greci le immolassero la vergine, interviene. La dea, infatti, all’ultimo momento la salva e la sostituisce con una cerva. Trasporta quindi Ifigenia nella lontana terra dei Tauri. Qui, la vergine diventa sacerdotessa della stessa Artemide, dedicandosi ai suoi riti sacri.

In un’altra versione ancora, con l’aiuto del fratello Oreste, Ifigenia fugge dai Tauri e torna in Grecia, a casa sua, portando con sé l’immagine sacra della dea. Questo ritorno rappresenta la rinascita, il superamento del dolore e la riconciliazione con la sua famiglia.

La sua storia, proprio perché fatta di sofferenza ma anche di speranza, continua a coinvolgerci e ci insegna che anche nei momenti più difficili può esserci una via per la salvezza.

La verginità delle donne

Ifigenia è la vergine che viene accompagnata presso la flotta greca vestita da sposa per essere offerta alla dea Artemide.

Ma perché in molte culture, compresa la nostra, la verginità della donna (mai dell’uomo!) è così importante?

Sebbene la procreazione, e quindi la sessualità,  sia sempre stata di grande interesse per le civiltà, la verginità della donna ha avuto un significato morale e simbolico molto importante.

Nel passato non esisteva la possibilità di riconoscere la paternità dei figli tramite la prova del DNA, per cui, dato che mater semper certa est, pater numquam, solo la “purezza” prima delle nozze e la fedeltà della donna poi potevano garantire all’uomo di essere il “maschio alfa”, “il primo”, il padre di quei figli.

Il lenzuolo macchiato di sangue

La verginità è diventata un valore sociale, una qualità che la donna doveva possedere. Ciò ha comportato la nascita di usanze che oggi finalmente sono considerate gravemente barbare, sebbene alcune ancora praticate, come le mutilazioni genitali. Invece in varie regioni della nostra penisola, soprattutto in Sicilia, fino ai primi anni del Novecento, dopo la prima notte di nozze, nel balcone degli sposi, doveva essere steso il bianco lenzuolo del letto matrimoniale, macchiato del sangue della sposa, la quale così poteva dimostrare di avere perso la verginità solo allora.

Sharon Capria I A Quadriennale Turismo Sezione Quasimodo

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