Oltre le mura del carcere, scrivere per sentirsi liberi
L’assordante rumore delle emozioni
Entrare in carcere per insegnare…un’esperienza particolare, difficile, coinvolgente. Inizialmente ciò che ti spaventa sono le porte che si chiudono a chiave dietro di te, i controlli continui col metal detector, le guardie che ti chiedono di mostrare il tuo tesserino affinché possano riconoscerti.
Col passare del tempo inizi a comprendere che ciò che realmente ti sgomenta è quel mondo di esseri umani, che hanno sbagliato e che devono pagare il loro errore, ma che sono pur sempre “persone”, con i loro sogni, le loro delusioni, le paure, i ricordi. E quelle emozioni, lì chiuse nella piccola cella-aula, si acuiscono, diventano enormi, diventano assordanti più del rumore delle chiavi che ti chiudono dentro.
La sezione del Minutoli nella Casa Circondariale Gazzi
Il nostro Istituto da diversi anni si preoccupa degli alunni “speciali” della Casa Circondariale Gazzi di Messina, portando la scuola in carcere. Spesso li coinvolge in varie attività e in tanti progetti che vanno al di là delle classiche ore di lezione curriculare. Per i detenuti, che sanno di essere dimenticati dalla società o di essere considerati “criminali da chiudere in cella e buttare via la chiave”, sapere che la scuola crede in loro e nella loro riabilitazione attraverso la cultura, li porta a voler mostrare a tutti i costi impegno nello studio, partecipazione ad ogni proposta, coinvolgimento nelle attività più disparate.
E tu insegnante di Lettere, che, attraverso le opere dei grandi, attraverso la Storia, spieghi le paure dell’uomo, puntando sulla brevità della nostra esistenza, sulla solitudine, sul dolore di vivere, provi a incanalare il caos di emozioni dei detenuti attraverso la scrittura. La scuola allora li coinvolge in un progetto, appunto il “Progetto scrittura”, e questi alunni “speciali” creano un libro di poesie, lettere, ricordi del passato, vita presente, sogni, un libro realizzato tutto da loro, anche nelle illustrazioni che accompagnano i racconti. Scrittori proprio loro che troppo spesso non riescono ad andare oltre le sensazioni di rabbia e frustrazione, e che invece finalmente esprimono per iscritto i diversi sentimenti umani.
Un libro di poesie, lettere, ricordi del passato, vita presente, sogni
“Quello che ho dentro” è il titolo del libro che evidenzia il lavoro di rielaborazione personale che ciascun alunno ha fatto, puntando sul positivo che ha al suo interno ed estrinsecandolo nel modo che gli è venuto più congeniale.
C’è chi racconta in versi la felicità nella quotidianità dei sentimenti, chi l’amore per i figli, chi verso Dio, chi ricorda la povertà della propria famiglia e le scelte sbagliate, chi invece la propria donna che è ancora capace di illuminare con sue lettere piene di gioia i giorni di carcere, chi attraverso l’esperienza del teatro prova a sentirsi nuovamente libero.
Una scuola, dunque, la nostra, che punta sui momenti di aggregazione, riflessione e riscatto di chi troppo spesso vive realtà difficili e inimmaginabili, di chi è ai margini della società. Una scuola che lavora davvero nel tentativo di recuperare chi sembra irrecuperabile.