La “strana” morte di Peppino Impastato e il lungo processo
Il potere dei mafiosi
Nato in una famiglia mafiosa, Peppino decide di iniziare una campagna radiofonica di sensibilizzazione contro i gruppi criminali. Con Radio Aut e il programma “Onda pazza a mafiopoli” sbeffeggia i potenti mafiosi che “comandano” a Palermo e a Cinisi, il paese dove lui vive. Denuncia, anche, le collusioni della classe politica locale con “Cosa nostra”.
Questo porta i mafiosi a considerare Peppino un intralcio troppo grande da non poter essere ignorato. E così, il 9 maggio del 1978, decidono di ucciderlo e poi inscenano una morte accidentale. Impastato sarebbe morto mentre era intento a piazzare un ordigno sui binari ferroviari che collegano Palermo a Trapani per fini terroristici. Per confondere ulteriormente “la scena del crimine” si fa strada anche l’ipotesi del suicidio.
Sua madre, suo fratello Giovanni e i suoi amici di Radio Aut iniziano una continua e strenua lotta per ottenere giustizia. Peppino è stato ucciso e il responsabile è la mafia.
Solo nel maggio del 1984 il Consigliere istruttore Rocco Chinnici affermerà la matrice mafiosa del delitto. Alcuni anni più tardi il Centro Impastato indica come possibile colpevole Gaetano Badalamenti, già in carcere per traffici di droga.
Il Tribunale palermitano, tuttavia, decide, nel 1992, di archiviare il “caso Impastato”. Ribadisce la matrice mafiosa del delitto, ma esclude la possibilità di individuare i colpevoli.
La sentenza di condanna
Nel 1996 il Centro Impastato, la mamma e il fratello di Peppino presentano un esposto alla procura con il quale richiedono l’interrogatorio del collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Il Palazzolo indica come responsabili del delitto il boss Gaetano Badalamenti e il suo vice Vito Palazzolo. Le indagini sul delitto Impastato vengono, quindi, formalmente riaperte nel 1997.
Nel 2000 iniziano i processi per gli esecutori del reato. Durante i due anni successivi Vito Palazzolo e Badalamenti saranno giudicati colpevoli dalla Corte d’assise, con una pena di 30 anni per Palazzolo e l’ergastolo per Badalamenti. I due successivamente moriranno misteriosamente in carcere.
La storia di Peppino Impastato per tutti i giovani che credono nella legalità
Undici anni più tardi le autorità confischeranno la casa di Badalamenti e la consegneranno all’Associazione Casa Memoria dedicata a Peppino da sua madre. Nel 2012 Umberto Santino pubblicherà il libro “Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio”, in cui denuncia le lungaggini del processo.
Oggi è suo fratello, Giovanni Impastato, con il Centro studi e l’associazione “gli amici di Peppino” a portare avanti i suoi ideali. Giovanni racconta la storia di suo fratello, della sua ribellione alla vita mafiosa imperante a Cinisi negli anni ’60. E racconta la storia in tutte le scuole e dovunque ci siano dei giovani che possono credere e lottare per la legalità.
Alessandro Chillè II D Chimica, materiali e biotecnologie